TRAVERSATA ATLANTICA IN BARCA A VELA
Il sogno di tutti i velisti, un’esperienza di vita e di navigazione
Il sogno di tutti i velisti, un’esperienza di vita e di navigazione
Traversata atlantica in barca a vela
Nella mia carriera ho compiuto più di 30 traversate atlantiche a vela. Finita la stagione estiva in Mediterraneo, comincio ad avvicinarmi a tappe all’oceano per la traversata atlantica in barca a vela: le Baleari, Almeria, Gibilterra, le Canarie, e poi il grande salto in oceano fino ai Caraibi, dove passo la stagione invernale a fare crociere.
In aprile, quando l’aliseo perde di forza ed è tempo per me di rientrare in Mediterraneo, riparto per la traversata di ritorno: da Ovest a Est, dai Caraibi verso le Azzorre, poi di nuovo Gibilterra, l’entrata nel Mare Nostrum, la risalita della Spagna, il Golfo del Leone e finalmente a casa.
La prima volta che ho traversato l’Atlantico a vela, nel 1992, non era ancora diffuso il sistema GPS e per fare il punto nave utilizzavo il sestante. Avevo pochi soldi in tasca, e l’attrezzatura era quella strettamente necessaria. Oggi la mia barca è perfettamente attrezzata, conosco l’oceano da oltre 30 anni, riesco a comunicare a casa via mail e a scaricare carte meteo aggiornate. Ma la sostanza non è cambiata: traversare l’Atlantico a vela è un’esperienza di vita, oltre che di vela, un viaggio vero e proprio, lento, scandito dal vento, dal rapporto con i compagni a bordo, con la natura assoluta che ci circonda. E non smette mai di stupirmi..
Se state sognando di navigare in oceano, se vi affascina l’idea di una traversata oceanica, se vi state preprando a traversare con la vostra barca, o se siete semplicemente curiosi potete leggere i diari, studiare le rotte e imparare qualcosa di più sulla vita a bordo in oceano leggendo questa pagine.
La traversata atlantica in barca a vela, a mio parere, dovrebbe essere il punto di arrivo nel percorso di un velista, e non il punto di partenza. Anche se vi imbarcate con un comandante esperto, è bene che abbiate un po’ di esperienza, soprattutto perché non sarete in vacanza, ma sarete membri attivi dell’equipaggio: dovrete fare turni di guardia, di timone e di corvée, assistermi in tutte le manovre e i cambi di vela, gestire il sonno e le energie. In una parola: navigare.
È anche vero che ho avuto degli ottimi neofiti a bordo, ma testate prima almeno la vostra resistenza al mal di mare e ai turni di notte, la conoscenza basilare della vela. Saremo solo noi, là in mezzo, e tutti devono dare una mano.
L’esperienza serve, anche se la navigazione oceanica ha poco a che vedere con la navigazione costiera in Mediterraneo. Dovrete quindi essere anche quanto più possibile pronti a imparare, anche se siete armatori, anche se andate in mare da tanti anni.
In Atlantico, per esempio, non ha senso fare di continuo piccole regolazioni delle vele o altri trucchi da regatante. Sarà più probabile che le decisioni da prendere siano del tipo “strambiamo oggi o strambiamo domani?”… Bisogna però essere in grado di scaricare e leggere le carte meteo, di segnare i punti nave, di controllare la sicurezza della barca e, perché no, anche di imparare a usare il sestante.
Forse è proprio perché la navigazione è così diversa da quella a cui siamo abituati che qualcuno a volte dice che la traversata è noiosa… Ma io direi piuttosto che una traversata atlantica in barca a vela è contemplativa: avrete tempo da impiegare, e quello che c’è da imparare lo imparerete tanto osservando quanto facendo. E non c’è da imparare solo in ambito velico: imparerete molto su voi stessi, qualsiasi sia il motivo che vi spinge a traversare. Non avrete distrazioni, sarete immersi nella natura, niente telefono, niente tv, scoprirete chi e che cosa vi manca davvero, quanto siete capaci di resistere fisicamente ed emotivamente alla lontananza e alla piccolezza che vi saranno evidenti giorno dopo giorno, ad ogni alba mozzafiato, ad ogni notte come non ne avete mai viste, ad ogni stella cadente che vi sembrerà di poter toccare, ad ogni luna che sorge rossa ed enorme dall’orizzonte. Vi scontrerete con i vostri limiti – il mal di mare, la paura, la nostalgia – e li supererete, più forti ad ogni onda, più sicuri di voi stessi ad ogni colpo di vento.
Sì, sono un romantico, ma sono anche un comandante esigente, e se vi imbarcate con me dovete saperlo.
Io vi farò timonare, vi farò stare svegli di notte e vi farò fare la corvée anche se avrete il mal di mare (e ce l’avrete). Un po’ di tolleranza all’inizio, per darvi il tempo di acclimatarvi, ma poi ognuno a bordo dovrà fare il suo dovere: la disciplina è fondamentale a bordo, soprattutto nelle lunghe navigazioni. Forse mi odierete un po’, ma a distanza di tempo, spero, mi darete ragione.
Sono anche un comandante a cui piace molto insegnare, e sarò ben felice di condividere con l’equipaggio tutto quello che so della navigazione oceanica.
La prima domanda che dovete farvi se state pensando di imbarcarvi è: quale traversata? La traversata atlantica Est-Ovest (quella di “andata”) è considerata più facile di quella di ritorno, da Ovest verso Est. Quasi sempre è vero. Andando da Est verso Ovest, dal Mediterraneo ai Caraibi, si naviga verso latitudini tropicali, si va verso una temperatura più calda, e soprattutto mediamente i venti sono portanti: l’Aliseo di Nord Est, il vento creato dalla grande alta pressione che staziona nel centro dell’oceano Atlantico, “spinge” la barca verso Ovest. Questo è quello che dicono i libri e i racconti più famosi. Io, in tanti anni, ho incontrato anche venti da Sud e da Sud Ovest, e so quindi che l’Aliseo non è una costante su cui contare al 100%, almeno per i primi giorni di navigazione. Tutto sommato comunque la navigazione è piacevole, e anche la pioggia che viene giù dai groppi in mezzo all’oceano è tiepida.
Almerimar-Gibilterra-Canarie: una bella tratta di circa 800 miglia, che si svolge indicativamente nella prima metà di novembre. L’uscita da Gibiliterra ha sempre il suo fascino e per chi non ha mai navigato in oceano cominciare con qualche centinaio di miglia non è una cattiva idea.
Canarie-Martinica: la traversata vera e propria. Si parte di solito l’ultima settimana di novembre, e si devono percorrere circa 2.900 miglia per atterrare in Martinica. Sono in media tre settimane di navigazione.
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La rotta della traversata atlantica da Ovest verso Est, dai Caraibi alle Azzorre e poi al Mediterraneo, è più sportiva… Lo stesso Aliseo che in direzione contraria è un vento favorevole, in questo caso va risalito, almeno fino al 30esimo parallelo. Partendo dalle Antille bisogna quindi considerare almeno una decina di giorni di bolina. Non due ore la mattina! Ventiquattro ore al giorno per dieci giorni – poi non dite che non ve l’avevo detto. Superato il 30esimo parallelo i venti in media girano un po’ più a favore. L’arrivo alle Azzorre è un momento che mi emoziona ancora dopo tanti anni: sono isole affascinanti, e dopo tanta scomodità vedere terra è sublime e ripaga di tutte le fatiche. Dalle Azzorre a Gibilterra ho visto di tutto, comprese le bonacce, sono “solo” 1.000 miglia, ma piene di sorprese.
Martinica-Azzorre: la traversata di ritorno, quella più dura. Di solito parto agli inizi di aprile, e considero tre settimane di navigazione per percorrere le 2.700 miglia che separano le Antille dalla prima delle Azzorre, l’isola di Faial con la mitica banchina di Horta.
Azzorre-Gibilterra-Almeria: alla fine di aprile si riparte da Sao Miguel, la più orientale delle Azzorre per coprire le 1.000 miglia di mare fino ad Almeria. Di solito è d’obbligo una sosta a Gibilterra, più o meno lunga a seconda delle condizioni meteo.
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Qualsiasi tratta scegliate di fare, ricordatevi che la traversata atlantica in barca a vela è un’esperienza di vita oltre che di navigazione. Sono tante le emozioni che proverete, a contatto con la natura per molti giorni, senza distrazioni, avendo solo il mare, il cielo e i vostri compagni a farvi compagnia. La traversata atalntica in barca a vela è un’esperienza che non vi dimenticherete mai.
Per me non è semplice raccontare la traversata atlantica. Non importa se la rotta è sempre quella, ognuna è diversa, e non voglio raccontarvi la favoletta degli alisei e delle vele a farfalla. Ci sono anche quelli, per carità, ma una traversata è molto di più e per me, che sono il comandante e ne ho fatte così tante, è una cosa certamente diversa da quello che è per chi si imbarca. Cerco comunque di raccontare qualcosa di quello che potete aspettarvi, ma sappiate che la vostra traversata sarà qualcosa che solo voi potrete capire, ricordare e raccontare, se vorrete
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