Lavori a bordo: verniciatura a gelcoat (con video)
Questo post è stato scritto qualche anno fa alla fine dei lavori di verniciatura a gelcoat della coperta della Freya. Non lo avevamo mai pubblicato, ma visto che le domande sul tema si sono ultimamente moltiplicate lo abbiamo rispolverato e aggiornato, sperando di darvi qualche indicazione utile.
Nessuna pretesa di insegnare niente a nessuno, ma magari qualche spunto e la nostra esperienza vi possono risparmiare qualche tribolazione…
Freya è stata costruita nel 1991, ha portato centinaia di persone, fatto qualche decina di traversate atlantiche e nessuno sa con esattezza quante migliaia di miglia. Negli ultimi anni quindi i lavori a bordo si sono moltiplicati, per mantenerla in efficienza e anche in bellezza. Qui vi raccontiamo la verniciatura a gelcoat della coperta, lavoro essenzialmente estetico, molto impegnativo, che ha dato risultati ottimi.
Verniciatura a gelcoat della coperta
Seduti in un raro momento di relax facciamo il punto sui lavori a bordo. Possiamo annunciare con grande soddisfazione che la verniciatura a gelcoat della coperta è finita. Adesso si lucida e si comincia a rimontare tutta l’attrezzatura di coperta.
Sembrerà banale, ma chi l’ha fatto può capire quanto sollievo possa dare questa affermazione… verniciare a gelcoat è un lavoro non facile, di grande attenzione e precisione, scomodo e faticoso, e che richiede anche l’assistenza di una buona meteo. Anche se la barca è coperta, infatti, bastano le gocce della condensa a rovinare tutto.
Di seguito abbiamo raccolto qualche indicazione utile se per caso qualcuno di voi avesse in mente di verniciare a gelcoat la propria barca. Diamo per scontato che se siete finiti qui conosciate già i vantaggi di verniciare la barca a gelcoat invece che con vernice normale: essenzialmente ha resistenza e durata molto maggiore, e pur richiedendo molto lavoro concede anche di fare qualche imprecisione, facilmente correggibile.
In linea di massima, per la verniciatura a gelcoat, sia che si tratti dello scafo o della coperta, è necessario articolare il lavoro in sei fasi: carteggiare le parti da trattare, correggere le imperfezioni e i danni (carteggiare di nuovo, se necessario), dare lo stucco a spruzzo, verniciare a gelcoat, carteggiare per la terza volta, lucidare.
Va da sè che verniciare la coperta, con la ferramenta, gli angoli e le superfici non omogenee è molto più complicato che verniciare lo scafo. Diventa in questo caso fondamentale preparare bene la barca smontando tutto quello che può essere smontato e incartando bene tutto il resto.
La carteggiatura e le riparazioni
La prima operazione necessaria è stendere su tutte le parti non in legno della coperta una cosiddetta “spia”, per procedere con la carteggiatura in maniera ordinata. Abbiamo applicato su tutta la superficie una soluzione di alcool e colorante (nel nostro caso rosa) così man mano che le parti venivano carteggiate la spia spariva, indicando chiaramente quali zone restavano da fare.
Questa operazione va fatta ogni volta che è necessario carteggiare, in modo da essere sicuri di lavorare sempre su superfici omogenee. Da tenere a mente anche che ogni operazione di carteggiatura deve avvenire in diverse gradazioni, scartando prima con una grana a 400, poi con la grana a 800.
Il secondo passaggio è quello di riparare tutte le imperfezioni: crepe, zampe di gallina, danni. È importante tenere a mente che il gelcoat, che è a base poliestere, non fa presa sulle resine epossidiche. Quindi tutti i ritocchi devono essere fatti con stucchi a base poliestere.
Se avete fatto in passato qualche ritocco qua e là con resine epoxy, dovete trattare tutte quelle piccole parti prima di spruzzare, o rischierete che il gelcoat non attacchi (con conseguente ulcera dovuta al lavoraccio di togliere tutto il gelcoat, raschiare, rovinare il lavoro fatto e coniare parole nuove…). Noi le abbiamo tutte trattate con un fondo poliuretanico per “isolare” i due strati (potete usare un primer o simile).
Già che c’eravamo, Omero ha deciso di approfittare dello smontaggio generale per rinforzare alcune parti della coperta più sollecitate: gli spessori previsti dal cantiere per i portelloni dei gavoni del pozzetto, che sono anche le sedute, ad esempio, non ci sembravano sufficienti per le esigenze della Freya, una barca usata molto intensamente… E allora Omero ha deciso di rinforzare il tutto aggiungendo uno strato di PVC rifinito con tessuto di vetro impregnato di resina. Il video in fondo al post spiega tutto.
Stucco a spruzzo e verniciatura a gelcoat
Carteggiate le stuccature più grandi e rimontati gli sportelli dei gavoni abbiamo passato due giornate buone a “impacchettare” la Freya, coprendo accuratamente tutte le parti di legno e di metallo rimaste scoperte, con nastro e carta – un lavoro certosino – per prepararla allo stucco a spruzzo, ultimo passaggio prima della verniciatura a gelcoat.
Prima di spruzzare è importante montare nella copertura della barca un aspiratore che tolga i fumi della vernice, sia perché è sempre meglio non respirarli, sia perché è bene che le polveri non si depositino sul gelcoat fresco restando attaccate.
E proprio per la vigilia di Natale, benedetti da un bel sole e una temperatura ideale, abbiamo spruzzato il gelcoat (dopo circa tre settimane dall’inizio dei lavori).
Abbiamo spruzzato in due tempi per praticità di organizzazione: il primo giorno a proravia dell’albero, il giorno dopo a poppa dell’albero. In questo modo abbiamo dovuto spruzzare per non più di un paio d’ore di seguito, in modo da avere tempo di pulire bene le attrezzature prima che il gelcoat si indurisse nella pistola rendendola inutilizzabile.
Il lavoro di spruzzatura lo abbiamo fatto in due, dandoci il cambio: uno spruzzava e l’altro evitava che la gomma del compressore andasse a finire sopra il gelcoat spruzzato di fresco.
Una volta spruzzato, il gelcoat può lasciare un effetto “buccia d’arancia”, ovvero uno strato molto grezzo, e potrebbe essere necessario carteggiare, oltre che con la 400 e la 800, anche con una 220 per togliere le imperfezioni.
Noi abbiamo scelto di dare mani più leggere di gelcoat per evitare di dover carteggiare con la 220: ci piace l’idea di lasciare su quanto più materiale possibile (che mica vogliamo rifarlo tra qualche anno, tutto ‘sto lavoro…). Carteggiare usando l’acqua con la carta a grane più fini (1200) è una buona idea: la carta si ammorbidisce e si lasciano meno segni.
Resta “solo” la lucidatura, anche questa operazione non facile considerando tutte le scanalature, gli spazi stretti e gli angoli, ma vi possiamo dire che il risultato, con il senno di poi, giustifica tutta la fatica.
Nel video abbiamo cercato di recuperare tutto il materiale filmato di qualche anno fa, ma purtroppo non è molto – se avete domande potete come sempre scrivercele nei commenti o con una mail.