L’isola di Cavallo – i vip, il mare, il vento
L’Isola di Cavallo (pronunciata rigorosamente con l’accento sulla ó) è una delle soste immancabili delle nostre settimane di vacanza in barca vela in Sardegna e Corsica.
E intendo davvero immancabili, perché se a volte qualcuna delle isole che preferiamo siamo costretti a saltarla perché non ha un buon ridosso dal vento di quel momento (è il caso di Razzoli con il ponente) o perché la folla estiva è insopportabile (è il caso di Spargi quando c’è bonaccia), l’isola di Cavallo ha buoni ridossi da tutti i venti e anche un paio di rade in cui solo i pochi che conoscono le Bocche di Bonifacio bene come Omero si avventurano.
Anche per Cavallo, come per altre isole della Sardegna del nord e della Corsica del sud, Omero ama raccontare la storia mentre ci avviciniamo a tutta vela. Quella di Cavallo comincia dalle regole che chi arriva sull’isola deve rispettare: è un’isola privata, non possiamo andare in giro liberamente, ma solo restare in spiaggia. E onestamente è tutto ciò che ci interessa…
Dell’isola di Cavallo amiamo i massi levigati dal vento, che assumono le forme più strane e creano piccoli ripari dove Freya si infila, schivando docile le secche sotto il comando sapiente di Omero. Amiamo il bianco delle sue spiagge che brillano da lontano nella purezza del maestrale. E soprattutto amiamo il mare, con le sfumature di azzurro più belle di tutta la zona e una vita sottomarina seconda solo a quella di Lavezzi.
La storia VIP di Cavallo
Ma la terra, quella ci interessa meno, perché è teatro di storie sempre troppo sopra le righe per i nostri gusti. Tutti ricordano quella terribile della morte del ragazzo a seguito dei colpi di fucile di Vittorio Emanuele – senza dubbio la più brutta – ma anche le altre storie di VIP, un po’ egocentrici e con il gusto di sembrare hippie, sono le storie di un posto che, come tanti altri da queste parti, ha forse pagato caro il prezzo di essere troppo bello.
L’”anti Porto Cervo”, cominciarono a chiamarla così negli anni ’70, quando smise di essere un’isola utilizzata per scavare granito, come si faceva dai tempi degli antichi romani, o per portare a pascolare le greggi, per diventare il ritiro preferito del bel mondo francese.
Pare che verso la fine degli anni ’60 Jean Castel, allora proprietario di uno dei locali parigini più in voga, si trovò a passare dall’isola di Cavallo diretto a Lavezzi per pescare, e decise di acquistarla per farla diventare “qualche cosa a metà tra un’utopia hippie e una comunità del jet set”.
Niente lusso sfrenato – le case erano fatte solo di pietra e legno, l’acqua arrivava con una bettolina e non c’era elettricità – ma si mangiava aragosta e si beveva champagne, mentre Brigitte Bardot ballava in bikini, insieme a Catherine Deneuve e Marcello Mastroianni, Mick Jagger e Carolina di Monaco. Furono così i primi anni di Cavallo: un ritiro eclettico per persone molto abbienti che volevano godersi un po’ la natura.
Non è difficile immaginarsi che cosa piacesse dell’isola di Cavallo a questi eccentrici personaggi, probabilmente appesantiti dal successo. Nelle isole delle Bocche, quando soffia il maestrale e si fa sera, sembra ancora di stare in un luogo primitivo: le uniche luci sono le stelle e il faro di Lavezzi, il rosa del crepuscolo avvolge il granito e il mare, il vento fischia e copre il garrito dei gabbiani. La natura è protagonista assoluta, e ti riempie, facendoti dimenticare tutto il resto.
Ma questo “idillio” è durato poco. Si è cominciato a costruire più case, portare elettricità e acqua, e si è arrivati ad avere anche più di mille persone contemporaneamente sulla piccola isola. C’è stata la brutta storia della sparatoria di Vittorio Emanuele, vicende immobiliari poco chiare tra gli anni ’80 e ’90, qualche bomba, e Cavallo ha perso il suo fascino hippie per diventare oggetto del desiderio di vacanzieri in cerca di comodità e lusso più che di natura.
Così le coste si sono riempite di case non più sapientemente mimetizzate tra la vegetazione e il piccolo porto di gommoni e motoscafi che troppo spesso passano troppo veloci con la musica a tutto volume.
Il mare dell’isola di Cavallo
Tutto questo sparisce quando ci si tuffa dalla barca nel mare azzurro di Cavallo, che la sua storia di esclusività prima e l’istituzione della Riserva marina poi ha mantenuto di una bellezza straordinaria. Mancano ormai i pesci che pare abbiano dato il nome all’isola – quelli che tutti chiamiamo dorado o lampuga, ma che si chiamavano da questa parti “testa di cavallo” – ma ci sono migliaia di occhiate sempre a cercare qualcosa da mangiare intorno alla Freya, praterie di posidonia, polpi e aguglie che se la spassano tra i sassi, docili salpe che brucano sul fondo e le ormai rare pinne nobilis, grosse cozze piantate sul fondo marino.
Mentre ci si prepara a tuffarci, raccontiamo volentieri la storia del filamento che le pinne nobilis producono per ancorarsi alla sabbia, il bisso: una sorta di seta marina con cui già nell’antichità si confezionavano le vesti pregiate di babilonesi, fenici, greci e romani. E la storia del bisso ci porta sempre a parlare di un altro dei nostri itinerari di vacanza in barca vela in Sardegna, quello che ci porta a sud, sull’isola di Sant’Antioco, dove vive Chiara Vigo, che ancora lo raccoglie e lo tesse, custode di una sapienza ormai antica.
E poi ci sono i colori. Scriviamo spesso dei colori favolosi del mare della Sardegna del nord, soprattutto quando soffia il maestrale, ma pensiamo di non fare torto a nessuno quando diciamo che i colori più straordinari sono proprio quelli dell’Isola di Cavallo. E non c’è nessuna foto o nessun video che riesca a rendere le sfumature, i riflessi, il brillare dell’acqua – anche se nel video qui sotto abbiamo raccolto immagini davvero bellissime – bisogna vederli, quei colori, magari durante una vacanza in barca a vela.
Non è facile infatti visitare Cavallo in un altro modo. L’isola è privata, come dicevamo, e a meno che non si sia ospiti dell’unico hotel o di una delle case, non c’è modo di vederla. Anche in barca a vela, tra l’altro, bisogna stare attenti. La zona di Cavallo, Lavezzi e della piccola isola di Rattino (poco più di uno scoglio), era fino a qualche migliaio di anni fa un’unica isola, finché il livello del mare si è alzato lasciando numerosi passaggi via acqua, ma tutti disseminati di secche e massi isolati che bisogna conoscere bene per navigare in sicurezza.
Così, quando la rada più famosa di Cavallo, cala di Zeri, è strapiena di barche, barchette, motoscafi e gommoni, noi ci infiliamo in un’altra baia, di cui pochi conoscono il passaggio stretto tra i massi appena sommersi e che secondo noi ha la spiaggia più bella dell’isola. Oppure, quando soffia il levante e il versante est di Cavallo è esposto, andiamo a dare ancora in una delle due piccole baie ad ovest, anche loro protette da una foresta di scogli.
E dal mare guardiamo l’isola, che ai nostri occhi è come tutte le altre: un rifugio dal vento.