Il mare insegna (Siamo tutti sulla stessa barca)
Ci ho pensato molto prima di scrivere questo articolo. Non vorrei essere frainteso, in questo momento delicato, non vorrei che qualcuno pensasse che devo per forza dire la mia o che faccio facili paragoni scrivendo che il mare insegna e che siamo tutti sulla stessa barca.
Però in questi giorni si sono moltiplicati i messaggi dei miei equipaggi, a bordo con me soprattutto in navigazioni in oceano:
“Ma perché non scrivi qualcosa? Tu hai portato a casa tante persone in mezzo a situazioni difficili, sai cogliere le cose positive anche nelle avversità, farebbe piacere leggerti”.
“Mi stai venendo in mente tu, Omero, in questi giorni: le cose che ci dicevi in mezzo al mare”.
E così ho deciso di lasciar scorrere le parole che da qualche giorno mi girano in testa, e le dico a Sara, che le scrive.
Questi giorni li sto vivendo in barca, faccio lavori a bordo, guardo il mare, riesco ad avere la testa leggera abbastanza spesso durante la giornata, considerando la situazione. Per me, per noi, è normale fare spesa una volta alla settimana (o anche meno), vivere in spazi ristretti, stare isolati dal mondo, rinunciare a qualcosa. Certo siamo abituati a farlo per il piacere di navigare in alto mare e non per la paura del contagio – ma siamo in qualche modo abituati anche alla sensazione di venire travolti da sentimenti di smarrimento e paura, e di trovare in un istante la forza di fare quello che va fatto: il mare ti mette davanti a queste situazioni molto spesso.
Forse è pensando a questo che molti giornalisti e commentatori usano un linguaggio di mare in questa crisi, così come in altre: si sente spesso dire che “siamo tutti sulla stessa barca”, che bisogna “tenere la barra dritta”, “governare la barca nella tempesta”, “non abbandonare la nave”, per non parlare dei numerosi riferimenti alla figura del comandante.
Ma gli insegnamenti del mare, come sa chi lo conosce, sono più profondi e molto meno superficiali. Per questo motivo quello che vorrei scrivere è che ci sono molte altre cose che il mare insegna (così come la montagna, o il deserto, o la foresta) e che oggi vorrei che i miei equipaggi (e non solo) se le ricordassero, perché credo che possano dare forza e coraggio.
Quando il mare picchia duro, è bene affidarsi a chi sa quello fa. I marinai in mare, i medici nelle malattie. Potranno non sapere tutto, ma l’esperienza e l’istinto affinato in tanti anni sono la migliore garanzia di arrivare in porto.
Ecco, il porto: durante ogni navigazione, per tutto il tempo, si è focalizzati sull’obiettivo di arrivare in porto senza niente di rotto. Ogni sforzo è concentrato e tutte le altre considerazioni sono rimandate e messe da parte: se non si può dormire per qualche giorno va bene. Se non si può uscire per qualche giorno va bene.
Ho sempre detto ai miei marinai di tenere bene in mente una cosa che il mare insegna senza tanta pietà: quando pensi di ridurre le vele di solito è già troppo tardi. Bisogna pensare al presente, in mare, ma anche al futuro: mettere da parte l’egoismo e la voglia di correre, quel pensiero che “non succederà a me”, che rischia di farci fare grossi errori. Il mare insegna a riconoscere il limite e a non aver timore di dire che è il momento di mettersi in cappa o di girare la barca. Non c’è vergogna ma molta saggezza nel mettere la sicurezza del proprio equipaggio davanti al resto.
Altra cosa che il mare insegna e che adesso sono contento che i miei equipaggi riconoscano è l’importanza di essere un gruppo e di agire e prendersi responsabilità come tale. E’ molto difficile, lo so. Gran parte del mio mestiere a bordo è proprio questo: formare e istruire degli individui a vedere uno scopo comune. Questo vuol dire “siamo tutti sulla stessa barca”. L’equipaggio è veramente utile al comandante quando prende coscienza della situazione e di quello che è necessario fare. Se hanno paura o sottovalutano con leggerezza la situazione rischiano di fare solo danni: è meglio farli stare in cabina. E ci vuole disciplina: il mare la esige, anche se noi non siamo più tanto abituati a obbedire o a farci dire cosa fare. Servono rinunce, spesso, per godere della libertà più grande che il mare può darci.
Soprattutto il mare insegna una cosa che spero sia qualcosa a cui tutti adesso possiamo guardare con fiducia: quando la burrasca o la lunga navigazione finiscono, nessuno è più lo stesso.
L’esperienza ci avrà insegnato a non fare gli stessi errori, a preparare la barca, a decidere meglio.
Ed emotivamente saremo più forti, non solo come individui ma anche nell’unione con gli altri, con cui resterà sempre un legame fortissimo.
Quindi forza, in attesa che il vento giri. Perché prima o poi gira sempre.
– Omero
In questo momento difficile,
dovremmo imparare ad essere un equipaggio coeso, silenzioso e coscienzioso.
Non critichiamo l’operato di chi è al comando,
è facile criticare, è difficilissimo adoperarsi per il bene di TUTTI.
Navigare in situazioni normali è relativamente semplice,
mentre quando le avversità ci investono diventa tutto più complicato.
Ora la situazione e molto più che complicata,
aiutiamo e aiutiamoci a renderla meno difficile.
Ascoltiamo gli ordini in silenzio, il Comandante vuole sempre il bene del proprio equipaggio,
come potrebbe essere diversamente.
BUONA VITA A TUTTI
Checco