Un blog di vela, e di vita
“Fatti un blog” furono le parole (ormai mitologiche tra me e le mie amiche) che mi disse diversi anni fa un fidanzato, lasciandomi. Diceva che ero troppo introversa e riflessiva, e che avrei dovuto cercare di aprirmi all’esterno attraverso, appunto, un blog. Sono rimasta introversa e riflessiva, e anzi, il mare forse ha accentuato questi aspetti del mio carattere, ma un blog di vela (e di vita) ecco che lo sto scrivendo, ormai da cinque anni. Non è il mio: questo è e resterà sempre il blog di Omero Moretti – di lui e delle sue navigazioni vi racconto, anche se ci metto un po’ del mio, perché io sono un secondo convinto, felice di avere un comandante e perfettamente a mio agio nella posizione di quello che decide di assumere il ruolo più scomodo a bordo. Ma di questo riparleremo…
E poi “Omero” come pseudonimo letterario, bisogna ammetterlo, non è niente male :)
Ne’ Omero ne’ io, però, siamo persone che si metterebbero mai a scrivere un blog di vela come lo si potrebbe immaginare, con le pubblicità e le “notizie” di cui il web è tanto affamato. Questo più che un blog di vela è un blog di vita, perché questa è la nostra vita, tra onde e cantieri, tra l’oceano e la Sardegna, tra rade e pontili, nel vento.
E scrivere di quello che facciamo è un modo per condividere e raccontare, per dare notizie ai nostri amici e ai nostri cari, che il mare ci tiene lontani e a volte in pensiero per noi. Un modo per tenere vivo il filo che ci lega a tutti quelli che sono saliti a bordo, con cui continuiamo a condividere storie, racconti e sogni. Un modo anche, e ci stiamo accorgendo che lo è sempre di più, di incoraggiare qualcuno a fare un salto, a mettere delle fondamenta sotto ai propri castelli in aria, a scegliere una vita forse un po’ diversa, sì, ma possibile. Di questa vita cerchiamo di trasmettere la verità, a volte bella come l’aliseo al lasco, a volte dura come la bolina con mare duro, spesso imprevedibile, e sempre sempre intensa – intensa di persone, di mare, di esperienze.
Ed ecco che a volte succedono anche cose inaspettate e bellissime, grazie a questo piccolo blog, nato per caso e cresciuto per amore. Proprio nei giorni scorsi, al nostro ritorno a Palau, una bella famiglia ci guardava dalla banchina mentre ormeggiavamo. E quando abbiamo cazzato l’ultimo traversino e ci siamo rilassati con un bel sorriso ci hanno detto “Ciao Omero, noi leggiamo il tuo blog! Volevamo conoscere te e la Freya”. Stessa cosa il giorno dopo, mentre camminavamo per tornare in barca: una bella coppia ci ferma e comincia a parlare con Omero come se lo conoscesse, facendo domande e raccontando quello che vedono nel proprio futuro, sul mare. Ieri a Bonifacio due ragazzi che hanno letto il libro di Omero passando hanno riconosciuto la Freya e si sono fermati a parlare dei loro progetti. E così tanti che salgono a bordo, e che è come se tornassero a casa, perché gli sembra già di conoscere Omero e la Freya, o persone che ci scrivono dopo aver letto qualche post o visto qualche video che li ha portati per un po’ in una dimensione diversa, quella del vento, rarefatta e un po’ sognante sì, ma a guardare bene anche dura, pragmatica. Una dimensione che ti porta a farti delle domande da cui non c’è scampo, e a darti delle risposte più schiette.
Ed è sempre una bellissima emozione, soprattutto quando capita di conoscere di persona qualcuno che sai che legge e segue quello che fai, e in un attimo si riesce a parlare di cose che a volte non si ha il coraggio di confessare neppure ai propri amici più cari… Così fa il mare: unisce, mescola le lingue, i colori e i destini, da’ a tutti lo stesso vento e rende sciocco ogni giudizio. E in questo grande “mestiere del mare”, la nostra piccola presunzione è quella di riuscire a trasmettere qualcosa perché nello scrivere questo blog di vela, e di vita, siamo sempre rimasti veri, anche se poco attenti a quello che i click e le “regole del web” richiederebbero. Ma si può sempre scegliere di non giocare con le regole degli altri, e di inventarsi, come i bambini introversi, il proprio mondo di piccole bambole o formine di terra. E magari quando non si è più bambini il proprio mondo diventa la propria barca a vela, con cui fare il giro del mondo o semplicemente della Corsica. E quando si cresce un po’, e ci si sente pronti, si può anche lasciare che il vento apra quel mondo a tutti quelli che hanno voglia di capirlo, senza sciocchi giudizi.