Asinara in barca a vela: mare, natura e storia
Ho sognato tante volte di andare all’ Asinara in barca a vela. Almeno ogni volta che ho passato con Omero i Fornelli, lo stretto e bellissimo passaggio in acque basse tra l’Asinara e l’isola Piana che si fa per fare rotta sulle Baleari, e ogni volta che ho letto qualche articolo su quest’isola dalla storia davvero affascinante.
Quest’anno, finalmente, e sperando che il vento ci sia benevolo, la nostra rotta ci porterà a fermarci e ad esplorarla. Omero è già stato all’Asinara in barca a vela diverse volte, ma i suoi racconti sono più che altro di ridossi, approdi, scogli e rade – ed è giusto che sia così. Io invece, con una voglia di essere in mare e in viaggio che ormai faccio fatica a trattenere, comincio a leggere della storia e della biologia di quest’isola che non vedo l’ora di conoscere.
Nell’attesa, vi racconto le cose più interessanti che ho scoperto, dall’origine del nome alla storia del carcere di massima sicurezza. Le nostre foto arriveranno in settembre, quando è previsto che trascorriamo qualche giorno all’Asinara in barca a vela nella rotta che ci porterà da Palau ad Alghero – nel frattempo ne utilizzo alcune molto belle di utenti Flickr.
L’isola sinuosa e la sua natura
Partiamo dal nome, che tutti collegano agli asinelli bianchi che popolano l’isola. Non è così, l’Asinara deve il proprio nome alla forma sinuosa – Sinuaria in latino – allungata e stretta nella sua parte centrale. Le coste dell’isola, soprattutto quelle occidentali, sono alte e frastagliate, battute dal Maestrale. In più l’Asinara non è poi così piccola (circa 50 km quadrati). Per tutti questi motivi non è una sosta classica nella rotta della Freya verso l’oceano – si fa molto prima a passare i Fornelli lasciandosi la Sardegna a sinistra e l’Asinara a dritta, piuttosto che a circumnavigarla, senza certezza di approdi sicuri visto che gran parte della costa è sottoposta a tutela integrale e l’accesso è vietato a chiunque.
Come capita spesso per ironia del destino e dei paradossi, molte delle isole più affascinanti del Mediterraneo sono proprio quelle che, come l’Asinara, furono scelte per la costruzione di carceri – Capraia, Ventotene, la Gorgona: le angosce e i dolori che per anni le hanno tenute in solitudine le hanno anche preservate. Niente costruzioni, niente bagnanti, niente di niente. E così quando le carceri sono state chiuse, negli anni ’90, l’Asinara e le altre isole si sono trovate in una condizione ambientale privilegiata, essendo state risparmiate dalle nefandezze degli anni ’70 e ’80…
Con la creazione dei parchi nazionali e delle riserve marine protette il patrimonio biologico dell’Asinara è ancora ben preservato: non si trova più la foca monaca, come nel resto della Sardegna, ma a fare compagnia agli asini ci sono fenicotteri, testuggini, falchi pescatori, cavalieri d’Italia e anche mufloni e cavalli selvatici.
L’isola della memoria
L’isola dell’Asinara è sicuramente una di quelle, come Lavezzi e Razzoli, che se potesse parlare racconterebbe per giorni interi… Ma già a vedere le foto si capisce che pur senza parlare l’isola racconta. Racconta soprattutto la sua storia più recente, quella del carcere di massima sicurezza, che ha lasciato i segni più tangibili. Ma in qualche modo riesce a raccontare anche la storia più lontana.
Nel nord dell’Asinara è stata rinvenuta una tomba scavata nella roccia, la Casa delle Fate, che testimonia insediamenti umani di quattromila anni prima di Cristo, e nei racconti mitologici spesso ci si riferisce all’Asinara come all’Herculis Insula, nome dato all’isola quando nel 2000 avanti Cristo, si dice, Ercole ne diventò il re.
La conoscevano bene sicuramente i Fenici, i Greci e i Romani, e anche i Saraceni e i pirati, tra cui il Barbarossa, che la usava come base per le scorribande contro i Genovesi. Proprio i Genovesi si insediarono all’Asinara, insieme ai Sardi, dedicandosi alla pesca e alla pastorizia per diversi secoli, fino alla fine dell”800 quando il governo di Depretis espropriò le terre dell’isola per farne una colonia penale e un lazzaretto per gli equipaggi in quarantena. Non fu semplice scacciare gli isolani, ma il governo usò le maniere forti e gli abitanti si sparpagliarono tra Sassari e Porto Torres (principalmente i sardi) e fondarono Stintino (i liguri) nei pressi della tonnara.
È in questi anni che vengono costruiti gli edifici che ancora si possono vedere e che sono stati utilizzati negli anni come carceri, con diversi livelli di sicurezza. Le strutture principali sono quelle dei Fornelli, il vero e proprio “supercarcere”, e di Cala d’Oliva, che ospitava la direzione e gli alloggi, oltre alle celle bunker. Ci sono poi altri distaccamenti – a Santa Maria, a Trabuccato, a Campu Perdu – dove venivano detenuti criminali meno pericolosi a cui venivano fatti svolgere lavori agricoli e di allevamento.
Pur essendo rimasta per oltre cento anni un’isola di detenzione, la storia non è mai stata la stessa: i primi prigionieri furono gli austro-ungarici sconfitti dopo la Prima Guerra Mondiale, poi è stata la volta di libici, etiopi e abissini e infine, negli anni più recenti, i “criminali speciali”. Sono stati detenuti all’Asinara gli alti ranghi delle Brigate Rosse e di Cosa Nostra – da Renato Curcio a Totò Riina – e anche l’unico che è riuscito a scappare da quella che alcuni chiamano “L’Alcatraz italiana”. Fu Matteo Boe, forse il più famoso esponente del banditismo sardo colpevole di numerosi rapimenti tra gli anni ’80 e ’90, che riuscì a fuggire dall’Asinara a bordo di un gommone aiutato, si dice, dalla moglie.
Tra gli ospiti più famosi, poi, anche i giudici Falcone e Borsellino, trasferiti a Cala d’Oliva per preparare le carte del maxi processo a Cosa Nostra al riparo da possibili attentati e ricordati da una targa.
Asinara in barca a vela: gli approdi e le regole
I punti di accesso per visitare l’Asinara in barca a vela coincidono con gli insediamenti carcerari principali: i Fornelli a sud, Cala Reale, Punta Trabuccato, Cala del Bianco e Cala d’Oliva a nord. Per visitare l’Asinara in barca a vela si deve richiedere l’autorizzazione e ormeggiare a uno dei circa 60 gavitelli presenti in queste rade.
I campi boe si trovano tutti sul versante est dell’Asinara, quello ridossato al ponente che ovviamente è il vento dominante, e anche quello con i paesaggi più dolci e le spiagge più sabbiose.
Assolutamente vietato dare fondo all’ancora, come prelevare qualsiasi cosa dall’isola o dal mare – sassi, conchiglie, sabbia, piante, fiori – o disturbare gli animali selvatici.
E quindi una volta sperato nella clemenza del maestrale, raggiunta l’isola e trovato una boa per la Freya, riusciremo finalmente a visitare l’Asinara – un’isola da cui per secoli è stato difficile scappare e dove oggi, per molti versi, è difficile andare.