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La costellazione di Orione: un cacciatore nel cielo

La costellazione di Orione è sicuramente una delle più care ai marinai, per più di un motivo: è la più splendente del cielo boreale, è quella che si riconosce più facilmente, ed è ben visibile praticamente a tutte le latitudini. A Omero è cara soprattutto perché è quella che, sorgendo, gli indica che è giunto il momento di cominciare a pensare alla traversata atlantica

Orione è infatti una costellazione invernale, e comincia ad essere visibile in cielo verso la fine dell’estate, per poi nascondersi di nuovo ai nostri occhi in primavera. Per Omero la presenza di Orione in cielo è un segno che non si può trascurare: l’estate sta finendo, i venti in Mediterraneo si fanno pericolosi e per noi è il momento di muoverci verso l’oceano.

Così, a fine agosto, prima dell’alba, cominciamo ad alzare gli occhi al cielo verso Sud, cercando l’inconfondibile forma della costellazione di Orione, con la sua cintura che sembra puntare proprio a Ovest, verso l’oceano.

E così anche alla fine di marzo, quando è tempo di rientrare dai Caraibi in Mediterraneo affrontando l’avventura della traversata atlantica da Ovest a Est, la cintura di Orione comincia a puntare il Nord, indicando alla Freya e al suo equipaggio la strada per tornare a casa.

E Orione è la costellazione che più di ogni altra fa compagnia nelle notti in Atlantico, bella e chiara nelle sere senza luna, maestosa quando sorge, luminosissima nel cielo infinito dell’Oceano, con la sua cintura composta di tre stelle talmente inconfondibili che ogni civiltà, in ogni epoca, in ogni parte del mondo, ha sentito il bisogno di dargli un nome e un significato.

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La costellazione di Orione: un cacciatore nel cielo

Già, non è solo Omero ad essere così legato a Orione: la sua luminosità, il suo essere visibile a tutte le latitudini (tranne quelle polari), la sua forma così facilmente riconoscibile ne ha fatto per ogni civiltà un punto di riferimento. La disposizione delle stelle principali della costellazione fa sì che ricordino molto una figura umana: le quattro stelle esterne che segnano le spalle e le ginocchia, le tre stelle allineate a formare la cintura, il bastone di bronzo in una mano e lo scudo nell’altra.

Per i Sumeri rappresentava Gilgamesh, il più epico degli eroi; nell’antica Cina era uno dei segni zodiacali, associato al guerriero Shen; per gli antichi Egizi rappresentava Osiride, Dio dell’oltretomba, e molte altre popolazioni – gli Arabi, i Lapponi, gli Aborigeni australiani, i popoli Precolombiani, gli indiani d’America – lo hanno associato a importanti figure mitologiche.

Nella nostra tradizione la costellazione porta il nome di Orione, un gigante figlio di Poseidone, abilissimo cacciatore a cui il padre aveva dato il dono di camminare sull’acqua, e a quanto pare anche molto bello, visto che tutte le storie che ruotano intorno al suo mito parlano di donne e dee gelose o invaghite di lui…

Ma la mitologia greca è molto complessa e articolata, e l’astronomia ne ha rispettato ogni racconto, rintracciando dietro alla costellazione di Orione i suoi due fidati cani (Sirio e Procione, trasformati nelle costellazioni del Cane Maggiore e Minore) lanciati all’inseguimento della Lepre, e posizionando proprio davanti al cacciatore il grande Toro contro cui Orione combatte e sulla cui coda sembrano fuggire le Pleiadi, di cui Orione si era invaghito. La costellazione di Orione non incontra mai, in cielo, quella dello Scorpione, l’animale che uccise il cacciatore con il proprio veleno, in alcune versioni della storia scatenato contro Orione da Artemide, in altre da Apollo o da Era. Quando lo Scorpione sorge a Est, Orione sconfitto tramonta a Ovest.

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E se la mitologia ha pensato a inventare le storie che il cielo racconta, gli uomini hanno pensato a usare queste storie del cielo per i propri bisogni più essenziali. Omero (l’altro…, quello che ha scritto l’Odissea…) traccia la rotta di Ulisse indicando la posizione della costellazione di Orione e dell’Orsa nel cielo. Esiodo nelle Opere e i Giorni affida a Orione, come a molte altre costellazioni, il compito di indicare agli uomini i momenti più propizi per svolgere le varie attività della terra e del mare.

Sono gli uomini ad avere immaginato le forme delle costellazioni e ad averle umanizzate, cercando un’armonia immutabile con la natura, un riferimento sicuro nel cielo per i viaggi in mezzo al mare o lungo le strade più buie, un tempo scandito per le attività della terra. E così da millenni, ogni notte, in maniera diversa in ogni stagione, il cielo si anima  Orione combatte il Toro, Perseo salva Andromeda, Cassiopea si sistema i capelli – raccontando le storie e le gesta millenarie di guerrieri, animali, donne e dei, segnando il tempo per la semina, il raccolto, la navigazione.

Ma forse il vero motivo per cui gli uomini hanno voluto trovare nel cielo un riflesso delle proprie storie e del proprio sentire è il bisogno di dare un po’ di senso umano all’oscurità e all’infinito del cielo. Quell’oscurità e quell’infinito che certe volte, in mezzo all’oceano, ti fanno venire le vertigini, in quelle notti in cui il mare sembra non avere fine, e invece ti ritrovi a pensare che è solo uno dei mari di uno dei pianeti di uno dei sistemi di chissà quanti altri popolano l’infinito.

L’altra sera, a Lavezzi, un colpo di vento ci ha costretto ad alzarci nel mezzo della notte, e Omero si è messo subito a cercare Orione nel cielo. Ed eccolo là, inconfondibile e luminosissimo. Per noi è ormai tempo di partire.