Quando piove si sente rumore?
Qualche giorno fa è venuto un signore a vedere il mio appartamento (che è in vendita, perché vorrei andarmene a vivere in barca definitivamente) e dopo avermi chiesto codici catastali, particelle, classi energetiche e altri numeri (che per fortuna il mio amico agente immobiliare conosce a memoria – ciao Emanuele!) si ferma e mi chiede “ma quando piove si sente rumore?”.
La domanda è meno strana di quanto possa sembrare, visto che il mio appartamento è in una mansarda (luminosa, silenziosa, finemente ristrutturata :) ). E la risposta è “sì, si sente rumore”. Si sente il rumore delle gocce di pioggia sul tetto, prima piano piano, sparse, una di qua e una di là, poi sempre più forte e continuo, regolare, un rumore bellissimo.
Non ho ancora capito se il simpatico signore la consideri una cosa negativa o positiva… Comunque non ho potuto fare a meno di pensare al rumore della pioggia sul ponte della Freya (e di qualsiasi altra barca), e, anche se dico una cosa eretica, a quanto mi piace stare in barca quando piove, ad ascoltare il rumore della pioggia sul teak. Non l’avrei mai detto, come non avrei mai detto di me tante altre cose, ma decidere di vivere a contatto con gli elementi ti cambia, in profondità. Quello che consideravi comodità prendi a considerarlo costrizione (un esempio su tutti: le scarpe), quello che ti sembrava indispensabile nemmeno ti ricordi più a che serve (la TV!), quello che, come la pioggia, ti sembrava scomodo e indisponente, diventa una cosa come tante altre, che fa parte del gioco. Non può essere sempre sole e vento leggero, qualche volta deve piovere, è normale. E noi, per dirla con Omero, la pioggia “la prendiamo e la mettiamo dove abbiamo messo quell’altra”. Se poi possiamo stare sottocoperta e non bagnarci, il rumore ci piace addirittura.
Detto ciò, ci sono cose del vivere in barca alle quali faccio più fatica ad abituarmi: certe rinunce, anche a fronte di tante conquiste, pesano. Mi sono resa conto che, togli di qua e togli di là, non mi sento pronta a fare a meno di tre cose : il caffè, l’acqua calda, una connessione internet decente ogni tanto. E allora? Anni di yoga, lettura di romanzi russi, viaggi in giro per il mondo e cambiamenti vari per ritrovarmi ad aver bisogno delle stesse cose di cui ha bisogno il newyorkese medio? Forse sì, forse alla fine restiamo tutti esseri umani, barcaroli o meno.
O forse no, e il solo fatto di mettere queste tre cose piuttosto banali nella lista dei desideri è il segno di quanto il cambiamento sia profondo, di quanto il vivere a contatto con la natura semplifichi davvero tutto, incluso i desideri. Quanto mi gusto il caffè fatto dal cambio turno prima di uscire fuori all’alba (soprattutto se piove…)? Quanto mi godo una doccia calda arrivata in porto quando i mie capelli assomigliano troppo ad un cespuglio? Quanto trovo straordinaria la banda larga dopo 20 giorni di pactor e mail di massimo 5kb? Tanto, ve lo dico io, e sicuramente più del newyorkese medio.
A scanso di equivoci, comunque, questo cartello di legno comprato a Union Island troneggia in casa mia: