Le ho amate tutte allo stesso modo – Il mestiere del mare, capitolo quarto
Devo dire che è una cosa che mi fa moltissimo piacere, soprattutto perchè sto mangiando polvere ormai da settimane, e veder riconosciuto il proprio lavoro aiuta sempre a superare i momenti in cui ti verrebbe voglia di mollare la fresa e andare a sciare… A parte questo io ci tengo molto alla mia barca, come sanno tutti quelli che hanno navigato con me: voglio che sia in condizioni di navigare sempre in sicurezza e comodità, voglio che le manutenzioni siano periodiche e precise perchè non mi piace proprio dovermi fermare per rotture o inconvenienti vari. Magari sono un po’ meno attento alle lucidature e agli abbinamenti cromatici, ma da quando è arrivata Sara non ho più quel problema…
E naturalmente la Freya è per me casa, lavoro, il mio rifugio, e penso sempre prima a lei che a me stesso (quando le due cose non coincidono). Ma quello che alcuni non capiscono, che siano marinai di professione come me o armatori privati, è che per me potrebbe anche non essere la Freya: non sono attaccato a lei più di quanto lo sia stato alle altre mie barche, o di quanto lo sarò alla prossima, se ce ne sarà una prossima.
Tutte le mie barche e ciascuna di loro sono state il simbolo e il mezzo della mia libertà, il mio mezzo di sostentamento, lo strumento per fare della mia vita ciò che volevo. Ogni volta che ho comprato una barca era quella che in quel momento mi potevo permettere, quella giusta per le mie capacità di navigatore e per il lavoro che ero in grado di fare: non ho mai perso troppo tempo dietro ai sogni irrealizzabili o agli sfizi temporanei – se domani dovessi smettere di lavorare e decidessi che la Freya è troppo grande, a cuor leggero comprerei una barca più piccola (a Sara glielo dite voi però).
Me le ricordo tutte, anche se dall’acquisto delle mia prima barca, una pilotina, sono passati 40 anni: ognuna di loro aveva pregi e difetti e richiedeva cure particolari. Il Vaurien l’ho attrezzato andando per tentativi, non sapevo nemmeno a cosa servissero le cime, il
Brigant ho dovuto finire di costruirlo, correggendo anche tanti difetti,
l’Angela l’ho smontata e rimontata chissà quante volte, l’Hélène l’ho
ricostruita da capo per conoscerla davvero a fondo prima di traversare
l’oceano per la prima volta.
È sempre come se fossero ancora un po’ mie, e io le ho amate tutte allo stesso modo.