Una farfalla in arcipelago

Questo lavoro non si fa per guadagnare tanto. Lo si fa perché si ama il vento e il mare, andare a vela, cavalcare le onde nel silenzio. E molto spesso, quando le giornate diventano lunghe e un po’ faticose, la soddisfazione più grande è proprio poter veleggiare: prima giù al traverso dall’isola Piana a Razzoli, poi con le vele a farfalla per infilarsi tra Maddalena e Spargi e infine un po’ di bolina per arrivare a ridosso della Spiaggia Rosa e trovare un posto per la notte a Budelli. 

Il maestrale soffia deciso ma leggero, la Freya sembra sorridere nel suo mare, le vele sono tese e gonfie. Il pozzetto all’improvviso tace: qui si fa vela sul serio, state buoni e attenti a non farvi male, le manovre devono essere libere, mettete via telefoni e puttanate varie, oppure sappiate che può arrivare un bello spruzzo d’acqua a bagnarle. 
E dopo un po’ cala il silenzio: la maggior parte delle persone a bordo sembra intuire la magia di venti tonnellate di barca spinte dal vento a oltre 15 km all’ora, la precisione di ogni cima, di ogni colpo di timone, di ogni bozzello. La maggior parte sembra capire che in mare conta solo l’essenziale, saper fare il proprio mestiere, entrare in sintonia con la barca. Ovviamente dura poco… 
Ma noi andiamo avanti, ci godiamo il vento, parliamo con le vele, strizziamo l’occhio alle onde, sorridiamo estasiati davanti alla perfezione della natura, di cui facciamo parte. La fatica scompare, tutto si alleggerisce, e sembra sempre di poter continuare, oltre la punta di quell’isola laggiu’, nel mare.