Per forza di levare

Una delle cose che mi piace di più del navigare, e del vivere in barca in generale, è che non c’è spazio per le frivolezze.  Ci si diverte, per carità, e non ci si priva di gran che, anche perché noi che leggiamo e scriviamo questo blog non è che facciamo la Vendée Globe…, ma non c’è bisogno di molto per stare bene.

La vita in barca è semplice, essenziale, toglie tutto ciò che è superfluo non per un gusto masochista da vecchio lupo di mare, ma per lasciare più spazio a ciò che stavamo cercando e che abbiamo trovato imbarcandoci, che sia per una settimana, per un mese o per tutta la vita.
Come le sculture di Michelangelo che, diceva lui, erano fatte “per forza di levare”, anche noi, navigando, ci cimentiamo nella difficilissima impresa del togliere, per liberare ciò che sotto sotto già esiste, come per Michelangelo la figura già esisteva nel blocco di marmo.

Togliere oggetti, cose, ninnoli, aspettative, orgogli, tempo perso, giudizi banali e noiosi già non è facile. La parte più dura, poi, è forse avere il coraggio di guardare quel che resta, una volta che ci siamo liberati del power point e dell’inglese maccheronico che ci hanno insegnato ad usare negli uffici, delle aspettative degli altri che ci condizionano la vita, dell’ostinato quanto stupido voler riproporre sempre e comunque il solito schema, terrorizzati dal cambiamento, dalla molteplicità, dalla diversità.

E intanto che pensiamo così, leviamo anche la vecchia anti vegetativa dalla carena della Freya per cominciare a stendere la nuova.