Finita la pacchia – Il Golfo del Leone
La rotta della Freya in questa lunga traversata da ovest verso est, dai Caraibi verso casa, deve continuare e Omero ha davanti a sè il Golfo del Leone, bestia nera di tutti quelli che navigano in Mediterraneo, che da giorni lascia passare oltre 30 nodi di vento che dal nord della Francia si incanalano fino alla Corsica e che daranno da fare a Omero e all’equipaggio in queste ultime miglia.
A me, invece, tocca di nuovo lasciarli soli e imbarcarmi su un aereo per rientrare in Italia. Devo lavorare un po’ (come se sulla Freya non lavorassi!), sbrigare un po’ di fastidi terrestri (odio) e prepararmi a partire nel giro di un mesetto per la stagione estiva nelle Bocche di Bonifacio (finalmente).
Ho lasciato il comandante intento a pianificare la rotta migliore per affrontare il Golfo del Leone, che difficilmente sarà sulla Corsica, e più probabilmente li porterà sottocosta in Spagna, per aspettare una finestra di meteo favorevole, anche breve, per traversare. Con il Golfo del Leone non si scherza, chi naviga lo sa, e mettere a rischio l’attrezzatura, la barca, gli stomaci e il sistema nervoso degli equipaggi non è la caratteristica di un bravo comandante…
La prima volta a vela nel Golfo del Leone
In questi giorni ho parlato molto con Omero del suo modo di essere comandante, delle sue prime esperienze in barca, e in particolare proprio di un ritorno dalle Baleari alla Toscana, tanti anni fa, con l’Angela. Quella che lui considera la sua prima “vera” barca a vela e la sua prima “piccola” traversata di ritorno, la prima volta che ha capito che era la più dura, e la più bella.
Quella volta, mi racconta Omero, ci misero dodici giorni a raggiungere la Toscana, bolinando sotto costa per non affrontare il mare aperto (e parecchio incavolato) nel Golfo del Leone. Speriamo che ci mettano un po’ di meno stavolta…