Dopo aver tanto sentito parlare di Horta da Omero e dagli altri naviganti, è impossibile sfuggire al fascino di quest’isola, e della sua banchina in particolare. Il colpo d’occhio dei murales è davvero straordinario. I colori, le storie, cercare i disegni degli amici, chiedersi chi avrà ha fatto il primo, scovare i murales di navigatori famosi, c’è da perdersi per ore a passeggiare con il rumore dell’oceano. Non mi meraviglia, al vedere quante storie e quanta passione trasuda questa banchina, che Horta sia un’isola così amata dai navigatori.
Ma anche la natura, in queste isole così remote, è eccezionale. La vetta del vulcano di Pico che si staglia dietro ai frangiflutti, con la sua imponenza, ti ricorda in ogni momento dove ti trovi: su delle rocce di pietra lavica nel mezzo dell’oceano. Oggi è sgombra dalle nuvole, verde e nera sullo sfondo di un cielo azzurro favoloso, ripulito dal vento da Sud est che per ora ci costringe ad aspettare qualche giorno prima di lasciare la banchina. Poco male, anzi bene, sono arrivata fino a qui e ne approfitto per visitare Horta.
Domani è prevista una gita intorno all’isola: i crateri vulcanici, il faro (che Omero mi dice essere molto bello), Porto Pim, il museo delle balene. Ne avrò di cose da raccontarvi… se avremo un po’ di tempo prima di mollare gli ormeggi per Sao Miguel.
Meriterà un’altra visita anche un altro dei luoghi mitici di quest’isola: il bar Sport di Peter, il bar dei marinai più famoso al mondo... Anche quello è un posto pieno di storie, ogni guidone e ogni foto raccontano una traversata, una barca, e spesso una vita. C’e’ una piccola bandiera italiana, sulla parete di sinistra, in alto. L’ha messa lì Omero nel 1993, la prima volta che stava tornando a casa con l’Hélène.