rotta traversata atlantica in barca a vela ovest est

Cinquemila miglia

Omero è da poco rientrato a Marin con l’ultimo equipaggio delle crociere della stagione, e cominciano ufficialmente i preparativi per la traversata atlantica di ritorno.

La Freya dovrà percorrere quasi 5.000 miglia di mare per tornare a casa. Dalla Martinica alla più occidentale delle Azzorre, l’isola di Faial, sono 2.300 miglia per rotta diretta, ma difficilmente si riesce a farne meno di 2.500. Qualche centinaio di miglia separano Faial da Sao Miguel, la più orientale delle Azzorre, da dove poi si ripartirà per Gibilterra percorrendo le ultime 1.000 miglia di oceano.

Entrati in Mediterraneo ci saranno ancora 1.000 miglia da fare per arrivare in Toscana, e si sa che il Mediterraneo può essere più impegnativo dell’Atlantico, eppure in qualche modo quando si passano le Colonne d’Ercole ci si sente già a casa. Ma sembra così lontano adesso quel momento…

Adesso quello che si vede se si chiudono gli occhi è solo l’oceano, per giorni e giorni, per miglia e miglia. Il blu, il vento, le balene – vere padrone di casa, le vele della Freya, la sua scia.
Omero mi dice che non vede l’ora di essere in oceano, a guardare il mare e ascoltare il vento. Io lo capisco bene, navigare in oceano è la cosa più bella che abbia fatto nella mia vita. Ma siccome di traversate ne ho fatta una sola, e non più di 30 come lui, capisco bene anche le ansie di chi resta a terra, e non posso non sentire la tensione di un’avventura così potente che sta per cominciare.

La purezza dell’emozione della traversata, invece, dicono sia sempre la stessa, che la si faccia una o mille volte, e nessuno l’ha mai descritta meglio di Bernard Moitessier:

“La scia si allunga, di giorno bianca e densa di vita, di notte luminosa come una chioma di sogni e di stelle. L’acqua scorre sulla carena, e romba, canta, sussurra, secondo il vento, secondo il cielo, secondo il tramonto che sia stato rosso o grigio. C’è rosso di sera da parecchi giorni, e il vento canterella nell’attrezzatura, fa sbattere ogni tanto una drizza contro l’albero, passa sulle vele come una carezza, e prosegue verso ovest e Madera, mentre Joshua scende a 7 nodi verso sud, nell’Aliseo.
Vento, mare, barca e vele formano un tutto unico, compatto e diffuso, senza principio né fine, che è parte e tutto dell’universo, di questo mio universo. Guardo il tramonto, respiro l’aria dell’alto mare, e il mio essere si schiude, la mia gioia vola così in alto che nulla può raggiungerla. In quanto alle cose che talvolta mi turbavano, non hanno alcun peso di fronte all’immensità di una scia vicinissima al cielo, e colma del vento marino, che è immune da moventi comuni e meschini.”